Pronti? Via!
"Ma che cazzo stai facendo?"
Questa domanda me la sono fatta circa 847 volte negli ultimi giorni. Ma partiamo dall'inizio.
Benvenuti in Africa. Non quella delle cartoline o dei safari instagrammabili. Quella vera. Quella che ti arricchisce rubandoti certezze, che ti regala gratitudine togliendoti confort, che ti schiaffeggia con realtà che preferiremmo ignorare.
Equilibrio. Noia. Perseveranza. Un pizzico di follia. E soprattutto: vivere in armonia con quello che vuoi perseguire, senza però sacrificare l'imprevisto e l'avventura che ti regalano momenti estremamente vivi.
Il Marocco che frequento per lavoro e amicizie? Dimenticatelo. Quello che ho vissuto qua è un altro pianeta. La Mauritania è una sensazione in cui non mi ributterei domani... ma sono felice di averla vissuta oggi.
Capitolo 1: Oscar e il Treno del Ferro
Tutto iniziò dopo una frontiera interminabile.
I piani? Vaghi come il nostro itinerario. Da una parte Dakar in Senegal la mitica meta della Paris-Dakar, la corsa per cui la nostra moto del 1984 è letteralmente nata. Dall'altra, il flow. Lasciarsi andare all'incertezza.
Ed è proprio questa incertezza che ci ha fatto incontrare Oscar.
Un tizio di Bergamo che dal finestrino di un taxi ci ha letteralmente urlato: "Seguitemi!"
E noi, come due coglioni fiduciosi, lo abbiamo seguito.
Camping. Chiacchiere. E poi la frase che cambierà tutto: "Ragazzi, dovete prendere il treno del ferro."
Ora, se vuoi saltare direttamente a quella parte, scorri pure. Ma la vera essenza del viaggio sta nel percorso per arrivarci: 1000 km attraverso il Sahara per raggiungere il capolinea e salire sul treno più folle del mondo.
STOP.
Facciamo un passo indietro. Perché prima di arrivare al treno, devi capire una cosa fondamentale sulla Mauritania: i prezzi sono assurdi. Più alti del Marocco. Perché? Semplice: zero turismo, offerta bassissima. Appena arrivi, sei carne da macello economica.
Preleva soldi (con fatica). Colazione orribile. SIM card pagata a peso d'oro. Un contatto nella città del treno. Valigie legate.
12 ore di guida davanti a noi.
Pronti, via.
Capitolo 2: Oro, Puzza e Zero Docce
Quattro ore in moto. Deserto. Cammelli che attraversano la strada con il sorriso di chi abita tali terra.
Prima tappa: una città mistica dove le trivelle non dormono mai. Oro. Cercano oro disperatamente. E noi? Troviamo un hotel pagato a peso d'oro... senza acqua nella doccia.
Spoiler: niente docce per i prossimi 4 giorni.
Vestiti puzzolenti? Check. Ma dai, senza ragazze intorno potevamo anche puzzare come caproni. Cena con un pacchetto di Pringles e buonanotte.
Mattina con sapore di latte condensato scaduto. Colazione in un posto che odora di fegato crudo (il mega chef lo sta tagliando davanti a noi). Due uova, caffè scadente. Si riparte.
Freddo. Pioggia. Pausa pranzo in una capanna dove troviamo la gente più socievole della Mauritania. Ci sdraiamo letteralmente per terra, giochiamo con i bambini, scattiamo foto, mangiamo. Un'oasi di umanità.
Ma il tempo stringe. Altri km da macinare.
E il pensiero ricorrente: "Ma che cazzo stai facendo? Non ti bastavano 1600 km in due su una moto del 1984 per arrivare in Mauritania? No, volevo farne altri mille."
Capitolo 3: C'est Fini
Villaggio successivo. Obiettivo: benzina, dolcetto, riposo. Saremmo ripartiti subito dopo.
Calcio alla pedalina di avviamento e...
CRACK.
Pedalina spaccata.
"C'est fini", dico al mio socio. "Qua è finita."
Silenzio. Poi: "Aspetta, forse a spinta..."
Ed ecco che appare un saldatore. Letteralmente salda la pedalina alla moto. Funziona. Non chiedermi come, ma funziona.
Ovviamente devi pagare: lui, tutta la ciurma, il meccanico, il taxi fino all'ultima banca che avremmo incontrato.
Tenete a mente questa frase: "ultima banca". Tornerà utile.
PROBLEMA: I benzinai hanno finito la benzina. O così dicono.
SOLUZIONE: Un tizio con taniche che ci fa un bel sovrapprezzo.
Direzione Atar. Casette a livello terra. Scarafaggi ovunque. Ho imparato a dormire per strada, ma gli scarafaggi no. Mi fanno schifo. Passo la notte in ansia e intanto mi ammalo: mal di gola penetrante.
Mattina. Due uova per strada. Vitamina C. Si riparte.
Vi ricordate la tanica? Non era da 20 litri.
Benzina finita a 12 km dall'arrivo.
Chiamiamo il contatto. Taxi. Altra tanica. Tutto pagato salato.
Capitolo 4: Il Treno dell'Apocalisse
Arriviamo stravolti al villaggio dove il treno fa tappa.
Casa del contatto. Pranzo. Giochi con i bambini. Briefing finale. Provviste per il treno.
E qui il contatto ci spara un prezzo fuori da ogni logica per caricare la moto sul vagone.
Dettaglio importante: noi il cash lo abbiamo finito.
Usciamo. Mangiamo. Rientriamo. Dormiamo per terra (ovviamente). Poi andiamo alla ferrovia con 4 ore di anticipo. Perché quando passa il treno hai 5 minuti per fare tutto.
Come Trenitalia, ma peggio.
Ore di attesa. Poi il contatto: "Ok, andiamo."
Carrelli zeppi di ferro. Binario scintillante. Con noi: 4 mori (sì, Mauritania = terra dei mori).
Si lega la moto. Valigie su. I mori la alzano bruscamente e la girano.
E il contatto? Vuole i soldi. Subito.
Piccola premessa: Il viaggio sul treno è illegale. Non si paga. Molti mauritani lo usano perché è l'unico mezzo disponibile. Ma noi dovevamo pagare il "servizio" per caricare la moto.
Cash finito. Gli do una carta Revolut (che avrei bloccato dopo) e prometto contanti al capolinea tramite suo amico.
Si parte.
Luna piena. Notte gelida. Mal di pancia devastante.
L'influenza si è spostata dalla gola alla pancia. Dopo un'ora a fissare il vagone seguente, faccio un salto tra i carrelli e mi creo un bagno nel ferro.
Quanto si sta bene dopo essere andati in bagno?
Alba. Polvere. Polvere. Ancora polvere.
Dopo 13 ore su quel treno, l'unica ansia era scaricare la moto senza problemi.
Ma il contatto aveva altri piani: i soldi per caricare la moto andavano moltiplicati per due perché all'arrivo c'era suo fratello.
Capitolo 5: La Caduta
Il treno si ferma.
Buttiamo le valigie giù. Arrivano in mille a offrire taxi. Tra loro, il fratello con i suoi mori per scaricare la moto.
Salgono. Provano a legarla. E la buttano giù senza un minimo di grazia.
CRACK.
Acceleratore rotto.
"Francesco, ma ci siamo una svegliata una volta tanto? Che stronzata hai appena fatto?"
Sporchi. Mezzi malati. Moto rotta. Affidati a gente totalmente a caso che per dei soldi buttano la tua moto come fosse un sacco di patate.
Un operaio gentile arriva. Cavi elettrici. Li lega. Magicamente l'acceleratore funziona.
Seguiamo il contatto (già ansioso per il pagamento) fino a casa sua.
Finalmente una doccia!
Scherzo: acqua fredda dai secchi per lavarti dal ferro.
Ma che liberazione comunque.
Fumati. Lavati. Profumati. Cambiati.
Poi: banca, prelievo, e loro che ci sparano un altro prezzo assurdo per doccia, cibo e notte.
Ci incazziamo. Gli diciamo che è folle, che ci hanno rotto la moto, che i prezzi sono surreali.
Il tipo si scusa. Abbassa leggermente.
Mangiamo. Ripensiamo a tutto. Ridiamo. Perché se non ridi delle stronzate, che senso ha la vita?
Dormiamo. Per terra. Ovvio.
Epilogo:
Sveglia. Un solo obiettivo: rientrare in Marocco il più velocemente possibile.
Colazione post frontiera. Troviamo un camion per Agadir con la moto caricata dietro.
Mentre scrivo queste parole dal lettino del veicolo, mi sembra di stare in un hotel 5 stelle.
Grazie, Mauritania. Per queste esperienze indimenticabili.
Nel bene o nel male, sempre con pienezza ed energia vitale.